Una breve storia di Villa Gamberaia
Il fascino di una dimora senza tempo
E' una storia lunga quella di questa Villa. Intanto, iniziamo da questo nome "Gamberaia", che conserva un’eco discreta della sua origine: forse richiamando i gamberi d’acqua dolce che un tempo popolavano queste colline. Un dettaglio apparentemente marginale, che introduce, però, una storia plurisecolare di metamorfosi, restauri e rinascite.
La prima menzione della tenuta risale al 1398, quando la badessa di San Martino a Mensola concesse una casa colonica e i terreni circostanti, “nel luogo detto Gamberaia”, a Giovanni Benozzo. Nel secolo successivo la proprietà passò ai Gamberelli—antenati degli scultori Antonio e Bernardo Rossellino—da cui il toponimo sembra derivare.
Fu però all’inizio del Seicento, con Zanobi Lapi, ricco mercante, vicino alla corte dei Medici, che la Gamberaia trovò la sua forma. Lapi fece edificare la villa e impostare i giardini, concepiti nello spirito del manierismo fiorentino: fontane, grotte, un ingegnoso sistema idraulico che rimanda alle invenzioni scenografiche di Giulio Parigi e all’eleganza compositiva degli architetti Ammannati e Buontalenti. Architettura e natura dialogano in un equilibrio sottile, con lo sguardo che corre dalla collina alla valle dell’Arno.
Nel corso del Settecento, sotto i Capponi e i Cerretani, i giardini furono ridisegnati con rigore botanico, dando alla proprietà un nuovo assetto di ordine e misura. Le incisioni di Giuseppe Zocchi e altre testimonianze grafiche dell’epoca sanciscono la fama crescente della villa, che divenne infatti una tappa molto ambita del Grand Tour.
Il declino arrivò purtroppo nell’Ottocento, quando la villa mostra segni evidenti di trascuratezza. A invertire la rotta fu un personaggio iconico, la principessa Jeanne Catherine Ghyka, nobile russo rumena, artista e mecenate, che seppe restituire prestigio al luogo. Con lei nacque il celebre parterre d’eau: quattro specchi d’acqua affiancati da siepi di bosso e cipressi, una composizione di sorprendente modernità che ancora oggi è tra le più fotografate d’Italia. La sensibilità raffinata della Principessa rese la Gamberaia rifugio discreto per aristocratici, artisti e intellettuali.
Il Novecento segnò ulteriori passaggi. Venduta nel 1925, la villa ebbe diverse proprietà e subì danni significativi durante la Seconda guerra mondiale. Fintanto che, nel 1954 l’industriale fiorentino Marcello Marchi, con l’architetto Raffaello Trinci, avviò un restauro ambizioso che riportò dignità alla villa e al suo giardino.
Dal 1994 le famiglie Marchi e Zalum ne custodiscono il destino con dedizione e visione. Oggi, sotto la guida dei loro discendenti e di un Trust dedicato, Villa Gamberaia vive una nuova stagione: ieri come oggi è celebrata per l’eleganza dei suoi giardini, la misura della sua architettura e per la bellezza irripetibile del paesaggio che la circonda.


